Love coach: perchè l’amore finisce di Daphne Rose Kingma

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Love coach: perchè l’amore finisce di Daphne Rose Kingma.

La Dottoressa Daphne Rose Kingma affronta nel suo ottimo libro ( perchè l’amore finisce) le motivazioni che conducono alla fine di un rapporto amoroso, mostra al lettore come riconoscere se il proprio rapporto è in una fase critica e offre un efficace metodo per superare il trauma in maniera positiva.

Perché un uomo e una donna inizino una relazione è cosa che in molti hanno cercato di indagare.

L’avanzata conoscenza attuale dei meccanismi fisici che portano all’attrazione vedono in qualche modo contrapporsi un’idea della coppia nata in base a parametri casuali (la diversità genetica) e ad alcuni valori comuni quali cultura, religione, gestione delle risorse comuni ecc. e un’idea più filosofica che vede la coppia anche come uno strumento per costruire la propria personalità per questo motivo la scelta del partner è condizionata non solo dalla diversità genetica e dalla condivisione di alcuni valori ma anche dalla possibilità del partner di insegnarci qualcosa e ,come dice la dottoressa Kingma, di farci superare alcuni condizionamenti dell’infanzia.

“viviamo per lo più sulla base dei modelli emotivi appresi da bambini” ...

“le relazioni, più di qualsiasi altro tipo di esperienza umana, sono lo strumento ideale per cercare di capire la nostra infanzia”

L’autrice aderisce a questa seconda visione diciamo più filosofica e vede nella relazione lo strumento per realizzare degli obiettivi esteriori di cui siamo consapevoli, (fare e crescere figli, migliorare la propria vita sessuale, condividere servizi e risorse) e degli obiettivi interiori di cui non siamo consapevoli, (sviluppo emotivo).

La psicologia assegna molto valore al primo periodo della vita perché considera l’infanzia il momento in cui i caratteri essenziali del comportamento vengono definiti.

Anche grazie alle ultime scoperte sul funzionamento del cervello sappiamo che effettivamente quest’organo alla nascita non è pienamente formato e vive proprio nei primi anni di vita uno sviluppo notevole in funzione anche delle sollecitazioni ambientali.

Secondo alcuni i condizionamenti dell’infanzia sarebbero una specie di traccia su uno di quei vecchi dischi di vinile e noi saremmo quindi condannati a ripercorrere all’infinito le stesse azioni senza possibilità di uscita mentre secondo altri, tra cui la dottoressa Kingma, noi ricreeremmo le stesse situazioni verificatesi durante l’infanzia al fine di comprenderne la lezione e quindi crescere e portare a compimento il nostro personale processo di crescita e maturazione.

Quindi secondo quest’ultima visione, che condivido in pieno, c’è una via di uscita ma soprattutto l’evoluzione verso una maggiore consapevolezza di se stessi è il compito di ogni essere umano.

Partendo da quest’ultima considerazione il partner non è quindi solo qualcuno che ci aiuta e ci sostiene ma, anche se non ce ne rendiamo conto, è colui che: compensa alcuni nostri difetti; ci insegna cose che non conosciamo; ci permette di crescere e capire meglio noi stessi; ci consente di sviluppare le nostre potenzialità e la nostra creatività.

Se quindi la relazione tra due esseri umani è un processo di crescita in continua evoluzione e non un punto di arrivo è evidente che ogni relazione può terminare per il semplice motivo che ha dato tutto quello che doveva dare e che quindi la relazione non può più contribuire alla crescita di entrambi i partner.

Questa considerazione porta due importanti conseguenze:

1) la fine di un rapporto non è necessariamente un fallimento ma anzi può essere visto come il sintomo di un processo che ha concluso il suo iter e da cui usciamo migliori di quando lo abbiamo iniziato “nonostante…il dolore della separazione, ogni rapporto vanta ragioni buone, legittime e persino necessarie per concludersi e la sua fine coincide invariabilmente con il completamento degli obiettivi di crescita personale.”

2) le relazioni non sono eterne ma è possibile vivere più storie d’amore nel corso della propria vita e ognuna di queste contribuirà ad un pezzo della nostra crescita.

Perchè allora è così doloroso chiudere una relazione?

Perchè così facendo contraddiciamo il mito del vissero felici per sempre; perchè tutto ciò che davamo per scontato e che ci veniva assicurato dal partner dovremo procurarcelo da soli; perchè temiamo di non poter più vivere un altro amore. “Un altro grande timore è che dopo una rottura non saremo in grado di amare nè saremo più amati. Sebbene questa sensazione sia terribile, per esperienza vi assicuro che nella maggior parte dei casi ciò non si verifica”

Può ovviamente capitare che un partner abbia raggiunto i suoi obiettivi ma l’altro no. Si tratta di una situazione molto dolorosa sia da parte di chi lascia a causa dei complessi di colpa sia da parte di chi viene lasciato che vede allontanarsi la persona a cui si era appoggiato.

“…quando tale completamento non è simultaneo, le rotture sono particolarmente dolorose. Avvertiamo chiaramente di avere portato portato a termine il nostro obiettivo evolutivo ma ci rendiamo conto che, invece, il nostro partner non è giunto a questo stadio”

su questo punto la dottoressa Kingma è molto chiara

“Chiunque possiede i propri obiettivi di sviluppo di cui è responsabile in prima persona.”

E’ importantissimo per ognuno raggiungere i propri obiettivi di crescita ed ognuno è responsabile dei propri progressi. Se uno o entrambi i partner diventano un peso o un ostacolo per l’altro allora è opportuno riporre le proprie speranze in una nuova relazione.

Un’ altra fonte di rotture è dato dal cambio di programmi di uno dei partner

“Le relazioni finiscono anche quando il processo di sviluppo esce dai propri binari . La relazione può continuare solo finché le due persone coinvolte seguono un processo di sviluppo parallelo e focalizzato in maniera simile. Ma quando il partner vuole cambiare i programmi e l’altro preferisce lasciare tutto così com’è, allora cominciano i guai.”

E’ questo il caso tipico del marito che decide di abbandonare il proprio lavoro da dipendente e mettersi in proprio oppure il caso della moglie che decide di intraprendere una carriera che rivoluziona la vita familiare.

Veramente interessante è il capitolo riguardante lo studio della storia di alcune coppie selezionate in modo da coprire le principali tipologie di relazione che si concludono in maniera più o meno traumatica. Ben fatto è lo schema delle fasi , tutte descritte sapientemente, che portano alla fine della relazione. Utili sono i semplici esercizi per superare bene e al più presto il trauma della separazione e l’appendice “diagnostica” dove è possibile verificare se la propria relazione è in una fase critica.

Considerazioni da love coach

Innanzitutto consiglio caldamente la lettura di questo libro a tutte le coppie, in crisi o meno. Tra l’altro ognuno ha vissuto delle separazioni che potrebbero non essere state completamente superate e questo libro può aiutare a capire ciò che è avvenuto e archiviare definitivamente le esperienze passate riconoscendone i doni e i limiti.

Il dubbio che sicuramente viene a questo punto è: ma il completamento degli obiettivi evolutivi dei partner implica necessariamente la rottura della relazione?

La mia opinione è no, non lo implica necessariamente, (Il libro della dottoressa Kingma non affronta, almeno in maniera esplicita, questo quesito). La rottura è sicura se una volta completati i propri principali obiettivi evolutivi i partner scoprono di non avere quasi niente in comune, (cosa documentata dalla dottoressa Kingma).

Diverso è invece il caso di partner che hanno completato i loro principali obiettivi evolutivi ma scoprono di avere molti punti in comune: amano andare in vacanza negli stessi posti; frequentare gli stessi ambienti, ecc. Questo tipo di coppie riesce più facilmente di altre a darsi nuovi obiettivi di crescita interiore comuni o comunque non incompatibili e a rendere la relazione sempre viva perché sempre capace di dare nuovi doni.

Pur riconoscendo il ruolo fondamentale dell’infanzia e dell’ambiente in cui si è cresciuti sulla vita di ogni persona ho dei dubbi sull’eccessivo determinismo.

Provo a spiegarmi meglio con un esempio: se un ragazzo vive in una famiglia dove il padre tende ad avere una indole collerica e la madre invece ad essere più controllata allora sposerà con grande probabilità una donna che tenderà ad avere una indole collerica.

Questo avviene perché il ragazzo ripercorrerà l’esperienza dell’infanzia o perché avendo visto la madre gestire questo tipo di rapporto sarà capace di gestire meglio il rapporto con la moglie? In fondo due persone con indole collerica difficilmente potrebbero convivere serenamente.

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