LUI NON E’ QUELLO GIUSTO MA…
Perché alcune persone si innamorano sempre delle persone sbagliate? E
perché anche quando capiscono che il partner non è quello giusto
continuano a stare con lui?
Ogni rapporto sentimentale sembrerebbe nascere da una serie di coincidenze fortuite: concatenazioni di eventi casuali, percorsi che inaspettatamente convergono.
Ma Freud affermava qualcosa su sui sarebbe bene riflettere: “trovare l’oggetto del desiderio, in realtà, vuol dire solo ritrovarlo”. Come a dire
che ognuno sarebbe già predisposto, a livello inconscio, ad un certo incontro, a ritrovare cioè il proprio oggetto del desiderio. L’innamoramento tende a rimettere in contatto,
ad un livello profondo, col rapporto d’amore vissuto con i propri genitori e ognuno tenderà a riprodurre o, al contrario, ad evitare, i meccanismi di quella relazione primaria
che lo ha segnato profondamente. Può succedere allora che laddove nell’infanzia le figure genitoriali non siano state interiorizzate come calde ed empatiche, nella vita adulta
la ricerca di un rapporto amoroso dovrà fare i conti con quei vissuti e potrà tendere verso situazioni difficili o addirittura impossibili. Per esempio ci si può innamorare
del ragazzo della migliore amica, del capo ufficio sposato, o della persona che non ricambia in maniera esclusiva. Continuare a ricercare storie impossibili può quindi essere
il segnale di un desiderio inconscio di non voler stare completamente “dentro” un rapporto o addirittura di non desiderarlo affatto. Evitare storie d’amore “reali” (fatte cioè
anche di intimità, rispetto, benessere) metterebbe così al riparo dalle separazioni “reali”, in modo da non riaprire l’antica ferita del non essere stati amati sufficientemente.
Alcune donne hanno bisogno di tensioni, difficoltà e sofferenza per poter amare ed è possibile che, in questi casi, lui non sia realmente amato per quello che è, ma come
ricettacolo di proiezioni ideali: una creatura che si vorrebbe plasmare secondo i propri modelli interiori, secondo i propri bisogni. E non è raro il caso in cui, quando l’uomo
sposato accenna all’imminente separazione dalla moglie (e diviene quindi realistica la possibilità di vivere finalmente un rapporto alla luce del sole) sia proprio la donna a
tirarsi indietro. Altra situazione tipica è quella della donna che si dedica totalmente all’uomo, lo cura, lo accudisce con atteggiamento dipendente e sottomesso, nonostante
questi continui a manifestare il desiderio di allontanarsi. Senz’altro in questi casi può esserci una inconscia soddisfazione nel giocare quel ruolo protettivo, quasi materno,
ma spesso vi è una sofferenza profonda e una bassa autostima: lei non si sente “degna” di essere amata, e pensa di poter essere importante agli occhi di lui perché lo cura, lo
soccorre. Alla base vi è la paura di essere abbandonate che comporta l’attaccamento morboso a qualcuno che si finisce con il ritenere indispensabile per la propria sopravvivenza.
Alla base della sorprendente costanza con la quale amori sofferti e insoddisfacenti si succedono nella vita di una donna, si nasconde spesso un trauma infantile. Una donna
trascurata o abbandonata dalla figura paterna in tenera età, potrebbe essere attratta da uomini che in qualche modo riproducano quegli atteggiamenti. Il motore di tutto è il
disamore di sé, la sfiducia nel proprio valore, nelle proprie capacità, per paura di non essere amata: la donna è disposta ad accettare qualsiasi cosa dall’uomo
che ha scelto in cambio di qualche minima rassicurazione. E’ facile così diventare dipendenti dal giudizio di lui, dalla sua affettuosità, dai suoi umori. Maggiore sarà la
ricerca di rassicurazioni, più frequenti saranno le fughe di lui e, proprio per impedire questa fuga, lei si adatterà a fargli da
infermiera, da madre, da confidente, da serva, etc. Sono queste le donne che più di altre desidererebbero cambiare il proprio partner, che tendono a controllarlo, costantemente
accompagnate da un latente senso di fallimento del rapporto. L’attenzione nei suoi confronti è però totale, anche quando parlano di lui ad altre persone cercando di sottolinearne
i difetti e di ridicolizzarlo: più lei cerca di parlarne male, più resta invischiata in un perverso meccanismo che continua a relegarla ad un ruolo di secondo piano, impedendole
così di cominciare un dialogo intimo e autentico con se stessa. E per molte donne diventa così impossibile capire che non si può portare avanti una relazione con un partner senza
aver prima sviluppato una relazione con loro stesse.
Come possiamo capire se è una storia è davvero “sbagliata” o se
invece può servire per traghettarci in un’altra fase della vita?
Spesso le donne si illudono che esista un sentimento d’amore senza condizioni, un amore romantico che annulli le differenze tra i partner invece di elaborarle nel reciproco
adattamento. Ma un amore idealizzato di questo tipo tenderebbe a cristallizzare il rapporto in una dimensione immobile, come se non si riuscisse ad accettare l’idea che
inevitabilmente il tempo porterà dei cambiamenti nella vita dei due partner. La presa di coscienza delle diversità (che dovrebbe rappresentare il naturale passaggio
dall’innamoramento alla relazione vera e propria) diventa spesso un momento di divisione, quando ci si convince, magari erroneamente, di aver scelto un partner “sbagliato”.
Nella coppia che vuole durare, l’amore deve trasformarsi continuamente, bisogna prendere coscienza di aspetti reali (sia positivi che negativi) che esistono in sé e nell’altro
e della propria incapacità (e impossibilità) di soddisfare tutte le aspettative dell’altro. In ogni rapporto esiste ambivalenza (coesistenza tra amore ed odio, alternanza di
attaccamento e di allontanamento), ma spesso, di fronte alle prime crisi o a delle aspettative deluse, ci si ferma e ci si convince che il partner non va bene per noi.
Ogni crisi può essere costruttiva perchè obbliga a dialogare con se stessi e con la persona che è accanto, può spingere ad indagare sui propri bisogni, desideri e aspettative
così da evitare l’errore di proiettarli sull’altro per poi restare inevitabilmente delusi. Una coppia che parla molto, che trova compromessi, nella quale i partner cercano di
restare il più possibile veri, autentici, una coppia che non perde la voglia di spiegarsi e di incontrarsi su un piano intimo per quanto aspri o frequenti siano gli scontri, è
probabilmente una coppia destinata a durare a lungo.
Perché è così difficile, a volte, finire una relazione?
La fine di un rapporto costringe innanzitutto ad affrontare se stessi, a guardare i propri sentimenti accettandone l’ambivalenza e le contraddizioni. Spesso chi se ne va è il
più forte psichicamente, chi prende l’iniziativa della rottura del rapporto possiede già dentro di sé la forza necessaria per superare gli inevitabili disagi. Chi viene lasciato
prova dei forti sentimenti di rancore per l’ex compagno e accettare del tutto la separazione sembra impossibile. Subentra un forte desiderio di rivalsa per i torti
subiti e contemporaneamente rimane viva l’illusione che l’altro potrebbe forse ritornare. Non è certo facile imparare a gestire la propria solitudine e la peggior reazione
(purtroppo però anche la più frequente) è chiudersi in se stessi, colpevolizzarsi, cadere in una crisi di autosvalutazione, credere di non poter amare o di non poter essere amati
più da nessun altro. Tagliare un legame infelice all’interno del quale mancano intimità,comunicazione, eros (anche se all’inizio questi problemi non vengono riconosciuti da
entrambi i partner) fa paura, certamente disorienta, però, nel vuoto della assenza, può piano piano aprirsi la strada una rinascita personale, costruita sulla fiducia in sé e
sull’importanza dei legami affettivi. Ciò che siamo nella vita, o ciò che diventiamo, è determinato anche dalle nostre esperienze di perdita e dal modo in cui le viviamo, le
metabolizziamo ed eventualmente le superiamo. Capire come affrontiamo una separazione ci può aiutare a conoscere meglio anche la nostra personalità. Dopo una crisi si può
scoprire di aver imparato qualcosa in più sulle proprie possibilità e i propri limiti, possono cambiare punti di vista, e può nascere il bisogno di contatti più autentici fino
all’auspicata sensazione di “rinascita”
Problemi di coppia: perché alcune persone si innamorano sempre delle persone sbagliate?
E perché anche quando capiscono che il partner non è quello giusto continuano a stare con lui?
Ogni rapporto sentimentale sembrerebbe nascere da una serie di coincidenze fortuite: concatenazioni di eventi casuali, percorsi che inaspettatamente convergono.
Freud affermava qualcosa su sui sarebbe bene riflettere: “trovare l’oggetto del desiderio, in realtà, vuol dire solo ritrovarlo”.
Come a dire che ognuno sarebbe già predisposto, a livello inconscio, ad un certo incontro, a ritrovare cioè il proprio oggetto del desiderio.
L’innamoramento tende a rimettere in contatto, ad un livello profondo, col rapporto d’amore vissuto con i propri genitori e ognuno tenderà a riprodurre o, al contrario, ad evitare, i meccanismi di quella relazione primaria che lo ha segnato profondamente.
Può succedere allora che laddove nell’infanzia le figure genitoriali non siano state interiorizzate come calde ed empatiche, nella vita adulta la ricerca di un rapporto amoroso dovrà fare i conti con quei vissuti e potrà tendere verso situazioni difficili addirittura impossibili. Per esempio ci si può innamorare del ragazzo della migliore amica, del capo ufficio sposato, o della persona che non ricambia in maniera esclusiva.
Continuare a ricercare storie impossibili può quindi essere il segnale di un desiderio inconscio di non voler stare completamente “dentro” un rapporto o addirittura di non desiderarlo affatto.
Evitare storie d’amore “reali” (fatte cioè anche di intimità, rispetto, benessere) metterebbe così al riparo dalle separazioni “reali”, in modo da non riaprire l’antica ferita del non essere stati amati sufficientemente.
Alcune donne hanno bisogno di tensioni, difficoltà e sofferenza per poter amare ed è possibile che, in questi casi, lui non sia realmente amato per quello che è, ma come ricettacolo di proiezioni ideali: una creatura che si vorrebbe plasmare secondo i propri modelli interiori, secondo i propri bisogni.
E non è raro il caso in cui, quando l’uomo sposato accenna all’imminente separazione dalla moglie (e diviene quindi realistica la possibilità di vivere finalmente un rapporto alla luce del sole) sia proprio la donna a tirarsi indietro.
Altra situazione tipica è quella della donna che si dedica totalmente all’uomo, lo cura, lo accudisce con atteggiamento dipendente e sottomesso, nonostante questi continui a manifestare il desiderio di allontanarsi.
Senz’altro in questi casi può esserci una inconscia soddisfazione nel giocare quel ruolo protettivo, quasi materno, ma spesso vi è una sofferenza profonda e una bassa autostima: lei non si sente “degna” di essere amata, e pensa di poter essere importante agli occhi di lui perché lo cura, lo soccorre.
Alla base vi è la paura di essere abbandonate che comporta l’attaccamento morboso a qualcuno che si finisce con il ritenere indispensabile per la propria sopravvivenza.
Alla base della sorprendente costanza con la quale amori sofferti e insoddisfacenti si succedono nella vita di una donna, si nasconde spesso un trauma infantile.
Una donna trascurata o abbandonata dalla figura paterna in tenera età, potrebbe essere attratta da uomini che in qualche modo riproducano quegli atteggiamenti.
Il motore di tutto è il disamore di sé, la sfiducia nel proprio valore, nelle proprie capacità, per paura di non essere amata: la donna è disposta ad accettare qualsiasi cosa dall’uomo che ha scelto in cambio di qualche minima rassicurazione.
E’ facile così diventare dipendenti dal giudizio di lui, dalla sua affettuosità, dai suoi umori.
Maggiore sarà la ricerca di rassicurazioni, più frequenti saranno le fughe di lui e, proprio per impedire questa fuga, lei si adatterà a fargli da infermiera, da madre, da confidente, da serva, etc.
Sono queste le donne che più di altre desidererebbero cambiare il proprio partner, che tendono a controllarlo, costantemente accompagnate da un latente senso di fallimento del rapporto.
L’attenzione nei suoi confronti è però totale, anche quando parlano di lui ad altre persone cercando di sottolinearne i difetti e di ridicolizzarlo: più lei cerca di parlarne male, più resta invischiata in un perverso meccanismo che continua a relegarla ad un ruolo di secondo piano, impedendole così di cominciare un dialogo intimo e autentico con se stessa.
E per molte donne diventa così impossibile capire che non si può portare avanti una relazione con un partner senza aver prima sviluppato una relazione con loro stesse.
L’articolo della Dottoressa Maria Candita Mazzilli
prosegue qui
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